lunedì 28 novembre 2016

Federico Garcìa Lorca, SI MIS MANOS PUDIERAN DESHOJAR







SI MIS  MANOS PUDIERAN DESHOJAR



Yo pronuncio tu nombre
En las noches oscuras
Cuando vienen los astros
A beber en la luna
Y duermen los ramajes
De las frondas ocultas.
Y yo me siento hueco
De pasión y de música.
Loco reloj que canta
Muertas horas antiguas.

Yo pronuncio tu nombre,
En esta noche oscura,
Y tu nombre me suena
Más lejano que nunca.
Más lejano que todas las estrellas
Y más doliente que la mansa lluvia.

¿Te querré como entonces
Alguna vez? ¿Qué culpa
Tiene mi corazón?
Si la niebla se esfuma
¿Qué otra pasión me espera?
¿Será tranquila y pura?
¡¡Si mis dedos pudieran
Deshojar a la luna!!








 Pronuncio il tuo nome
nelle notti oscure,
quando sorgono gli astri
a bere nella luna,
e dormono i rami
delle selve occulte.
E mi sento vuoto
di musica  e passione.
Folle orologio che suona
antiche ore defunte

 Pronuncio il tuo nome
in questa notte oscura,
e il tuo nome risuona
più lontano che mai.
Più lontano di tutte le stelle
e più dolente della doce pioggia.

Ti amerò come allora
qualche volta? Che colpa
ha commesso il mio cuore?
Se la nebbia svanisce
quale nuova passione mi aspetta?
Sarà tranquilla e pura?
Se potessi sfogliare
con le dita la luna!!





sabato 26 novembre 2016

Augusto Caraceni, A ERATO, Ombre della notte


Augusto Caraceni , nato il 6 maggio 1907, iniziò la carriera  giornalistica come critico musicale e letterario presso vari giornali e riviste, fra cui il Messaggero, il Secolo XIX.
 Il suo volume " il Jazz dalle origini ad oggi", edito da Zerboni nel 1937, è stato il primo libro italiano su tale argomento.


           OMBRE DELLE NOTTE






Le ombre possono discendere,
la strada e l'anima le accolgono.
Ma occorre  che i tuoi occhi
mi guardino da vicino
ch'io li possa riconoscere.
Bisogna che ti chini leggermente
al fresco umido mistero della notte.




mercoledì 23 novembre 2016

Forse il mondo finisce qui. Perhaps the world ends here.

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Forse il mondo finisce qui.
Joy Harjo, 1951

The world begins at a kitchen table. No matter what, we must eat
to live.

The gifts of earth are brought and prepared, set on the table. So it has been since creation,
and it will go on.

We chase chickens or dogs away from it. Babies teethe at the corners. They scrape their
knees under it.

It is here that children are given instructions on what it means to be human. We make men
at it, we make women.

At this table we gossip, recall enemies and the ghosts of lovers.

Our dreams drink coffee with us as they out their arms around our children. They laugh with
us at our poor falling-down selves and as we put ourselves back together once again at the
table.

This table has been a house in the rain, an umbrella in the sun.

Wars have begun and ended at this table. It is a place to hide in the shadow of terror. A
place to celebrate the terrible victory.

We have given birth on this table, and have prepared our parents for burial here.

At this table we sing with joy, with sorrow. We pray of suffering and remorse. We give
thanks.

Perhaps the world will end at the kitchen table, while we are laughing and crying, eating of the last sweet bite.

Forse il mondo finisce qui.

Il mondo comincia ad un tavolo da cucina. Non importa cosa, ma dobbiamo mangiare
per vivere.

I doni della terra sono portati e preparati, collocati sulla tavola. Così è stato fin dalla creazione,
così sarà sempre.

Cacciamo i polli e i cani via da essa. I piccoli mettono i denti ai suoi angoli. Essi strofinano
le ginocchia sotto di essa.

E' qui che ai bambini viene insegnato cosa significa essere umani. Vi facciamo gli uomini,
vi facciamo le donne.

A questa tavola spettegoliamo, ricordiamo i nemici e i fantasmi degli amanti.

I nostri sogni bevono caffè con noi mentre abbracciano i nostri bambini. Essi ridono con
noi dei nostri ego stramazzanti e mentre ci sediamo ancora una volta attorno ad essa.

Questa tavola è stata una casa nella pioggia, un ombrello sotto il sole.

Le guerre hanno avuto inizio e sono terminate qui. E' un luogo presso cui nascondersi nell'ombra del terrore.
Un posto dove celebrare la terribile vittoria.

Abbiamo generato su questa tavola, su di essa abbiamo dato sepoltura ai nostri cari.

A questa tavola cantiamo con gioia, con dolore. Preghiamo per la sofferenza e il rimorso. Rendiamo
grazie.

Forse il mondo finirà al tavolo da cucina, mentre ridiamo e piangiamo, mentre diamo l'ultimo dolce morso.

Traduzione di Ipazia

sabato 19 novembre 2016

November Philosophers di KATIE FORD, Filosofi in Novembre, trad. Alessandro Panciroli



Nothing is nothing, although
he would  call me that, she was nothing.....





Katie Ford















Niente è niente,  per quanto
lui mi avesse detto, lei non è niente.
Quelle erano state le sue parole, ma la sua mano
alzava una catena di sigarette e ponti di
cenere calda. Disse che in fondo non voleva il suo corpo.
Non è stato un anno che avrei potuto discutere
contro quel modo di parlare, così feci a pezzi il pollo
ucciso nella fattoria  poco lontano,- scuro e argentato, selvatico -
e lo misi sopra la lattuga, lattuga e poi limone.
Scaldai il brandy in una casseruola, versai lentamente  una striscia
di melassa a freddo, lenta come avevo visto
una maga  versare una tintura di pino sul pavimento
della mia casa distrutta.
Sembrava vedere tutta la mia vita
per decreto di un qualche dio
che voleva vivessi ancora.
Salvia bruciata, fumo blu.. Poi sale marino gettato
negli angoli di una violenta tristezza.
Lei si scrisse sul seno
il mio indirizzo
per far sì che ognuno che sentiva sapesse
dove  fosse stata creata la mia vita.
E aspettammo, ciascuno dimenticando  cosa eravamo stati
o divenendo  più intensamente umani in quella tintura di pino,
nella sua trance, nella lavanda  che avevo messo sui davanzali sbeccati,
non una vera trance piuttosto un mio deliberato taglio
della parte del giardino che lei mi aveva chiesto.
Ora , disse, attendi a più lungo, e così feci fino a
quando la melassa scaldò la tazza tanto da
finire dentro al brandy.
da finire dentro la notte,
seguita da piccole confessioni -
che questo era solo un affitto, ed il mio solo un piano,
che la donna che lui amava stava con un altro,
sua madre una pazza, il suo appartamento infestato nella intercapedine.
Allora io raccontai della violenza subita all'alba tra
le case: Caldo, asfalto, tutto quanto e ed il mio viso rivolto
verso la scuola di mattoni dove i parrocchiani studiavano scritti
e musiche del primo secolo. Forse stavano cantando
era proprio quella l'ora.
Quel che ci dicemmo era una liturgia con un significato solo per noi
e per quella notte. Non per nessun altro,
da ripetere, vivere, credere. Mai.
Le nostre sole teorie erano nelle nostre mani,
carne e terra, corpo e prateria.
Fumai la sua penultima sigaretta,
che aveva appena acceso.
Il pollo come una razione da combattimento
ce lo mangiammo tutto.
Cosa avevamo desiderato , quello ci dicemmo.
Cosa ci dicemmo, lo trovammo quella notte
con questi, e non con altri,
mezzi.



NOVEMBER PHILOSOPHERS di Katie Ford



giovedì 17 novembre 2016

sorry


Risultati immagini per scusate



Scusateeeeee
Non sto pubblicando nullaaaaa

I didn't publish
I didn't publish
But words remain closed
into my mind.
Winds and clouds
but no words
fall down.

Ipazia

sabato 12 novembre 2016

sabato 5 novembre 2016

COMING HOME, da " Le Poesie di Mrs. Murphy", trad. A.Panciroli



COMING HOME


A month ago
or more
I could
live
with
your portrait
in the hall
and all
the yellow
folds of
your old
bath robe
hanging
on the door.
Those worn
rubber beach
shoes
whose
use had
long outlived
theri lore
now bring
to mind
your face.
This place,
my home,
is mostly full
of ghosts
who need
a little time
to settle down
once more.


TORNANDO A CASA


Un mese fa
o forse più
potevo
vivere
con il tuo ritratto
nel salotto
e persino con
le falde
gialle 
del tuo vecchio 
accappatoio
appeso
sulla porta.
Quelle scarpette
da spiaggia
tutte
consumate
ormai
fuori moda
ora mi riportano
in mente
il tuo viso.
Questo luogo,
casa mia,
è quasi sempre pieno
di fantasmi
che hanno bisogno
di un po' di tempo
per sistemarsi
di nuovo.








martedì 1 novembre 2016

James Joyce, SHE WEEPS OVER RAHOON, traduzione Alessandro Pancirolli


Dopo la "sbornia" joyciana di GIACOMO JOYCE riesce difficile allontanarsi dal mondo creato dal buon James, e allora ecco:



She Weeps over Rahoon 

Composta a Trieste nel 1912 dopo la visita che Joyce fece alla tomba di Michael Bodkin nel cimitero di Rahoon, Galway, Irlanda. Bodkin era stato il primo amore di Nora Barnacle, futura moglie di Joyce, e forse il modello per il personaggio di Michael Furey nelle pagine finali de I Morti.







 Rain on Rahoon falls softly, softly falling,
 Where my dark lover lies.
 Sad is his voice that calls me, sadly calling,
 At grey moonrise.

 Love, hear thou
 How soft, how sad his voice is ever calling,
 Ever unanswered, and the dark rain falling,
 Then as now.

 Dark too our hearts, O love, shall lie and cold
 As his sad heart has lain
 Under the moongrey nettles, the black mould
 And muttering rain.

                                      1912


.


Piove appena su Rahoon, piove appena,
Dove il mio oscuro amante giace,
E' triste la sua voce che mi chiama, triste la sua voce,
e  sorge  grigia la luna.

Amore, ascolta
come è dolce, come è triste la sua voce che sempre mi chiama,
sempre inascoltata, e la pioggia scura  che cade,
ora come allora.

Cupi  anche i nostri cuori, Amore, giaceranno  gelidi
mentre il suo triste cuore  è disteso
sotto le ortiche grigioluna , la terra nera
e la pioggia che bisbiglia.