sabato 7 febbraio 2015

Wislawa Szymborska, LA STANZA DEL SUICIDA, trad. P. Marchesani


Certo pensate che la stanza fosse vuota.
E invece c'erano tre sedie con robusti schienali.
Una lampada buona contro il buio.
Una scrivania con sopra un portafoglio, giornali.
Un Buddha sereno, un Cristo afflitto.
Sette elefanti portafortuna, nel cassetto un'agenda.
Pensate che non ci fossero i nostri indirizzi?

Pensate che mancassero libri, quadri, dischi?
E invece c'era una trombetta consolatrice in mani nere.
Saskia e il suo cordiale piccolo fiore.
La gioia, scintilla degli dei.
Ulisse sul ripiano si ristora dormendo
dopo le fatiche del quinto canto.
I moralisti
nomi scritti a lettere d'oro
sui dorsi ben conciati.
Lì accanto i politici stavano ben ritti.

E quella stanza
non sembrava priva di vie d'uscita, magari dalla porta,
né senza prospettive, magari dalla finestra.
Gli occhiali da vista erano sul davanzale.
Una mosca ronzava, ossia era ancora viva.

Pensate che almeno la lettera spiegasse qualcosa.
E se vi dico che non c'erano lettere
e noi, gli amici - tanti -, ci ha tutti contenuti
la busta vuota appoggiata ad un bicchiere.











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