domenica 11 dicembre 2011

The White Room, di Charles Simic, trad. A. Pancirolli

L' ovvio è difficile
da dimostrare. Molti preferiscono
ciò che è oscuro. Anche io.
Io ascoltavo gli alberi.

Avevano un segreto.
che stavano quasi
per svelarmi. Ma
poi non lo fecero.

Venne l' estate. Ogni albero
della mia strada aveva la sua
Sherazade. Le mie notti
erano parte del loro impetuoso

 racconto. Noi
entravamo in case buie,
case sempre più buie
sileziose e abbandonate.

C' era qualcuno con gli occhi chiusi
ai piani superiori,
il pensiero di questo, e lo stupore,
mi tenevano sveglio.

La verità è nuda e fredda
disse la donna
che vestiva sempre di bianco.
Non usciva spesso dalla sua stanza.

Il sole indicava uno o due
cose che erano sopravvisute
intatte alla lunga notte.
Le cose più semplici

difficili nella loro evidenza.
Non facevano rumore.
Era quel genere di giorno
che potremo definire "perfetto".

Dei che si camuffano
da nere forcine per capelli? O da specchietto?
O da pettine con un dente rotto?
 No! Non era questo.

Soltanto le cose come sono.            
Impassibili,  giacciono mute
in quella luce chiara,
E gli alberi che attendono la notte.



to prove. Many prefer
the hidden. I did, too.
I listened to the trees.


Una diversa traduzione in http://www.rossovenexiano.com/blog/la-camera-biancathe-white-room-di-charles-simic

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